E tu, da quale lupo stai scappando?
- Dott.ssa Linda Cervia
- 7 mar 2019
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 8 mar 2019

Un cappottino grigio di qualche taglia di troppo, i capelli biondi raccolti in un ciuffo un po' scomposto, la pelle chiara di carta velina e due grandi occhi azzurri e spaventati. Si muove a passo svelto e nervoso per i corridoi, disorientata. Un cucciolo spaurito, una bambina scappata da una fiaba in bianco e nero, alla ricerca di un riparo dove il lupo non possa arrivare; 18 anni, gracile, sofferente e in cerca di un luogo sicuro, dove la sua storia possa avere un lieto fine.
Si intrufola nel mio studio con la fretta di chiudere la porta, e sospira affaticata.
Chissà da quale lupo sta scappando.
"Mi scusi, ho fatto una corsa, avevo paura di non farcela"
La voce è esattamente come la immaginavo: sottile e delicata.
"Mi scusi", "paura" e "non farcela"; la sua prima frase è già piena di lei.
Si siede di fronte a me; raggomitolata nel suo cappotto occupa metà della sedia. Ha solo un foglio in mano e nient'altro, ha portato solo se stessa.
Fatico a distogliere l'attenzione dai suoi due grandi occhi richiedenti, due occhi trasparenti, ma velati dalla nebbia della tristezza.
Stiamo lì in silenzio, l'atmosfera è ovattata, quasi fiabesca.
Le pareti del mio studio delimitano quello che è già diventato il nostro spazio, contenitore di una relazione che ha già preso vita, con incredibile rapidità, da questi primi sguardi.
Mi fissa e cerca nel mio sguardo le risposte alle domande che probabilmente si fa da tempo. Forse non cerca le risposte, è ancora alla ricerca delle domande.
È un momento di intenso e silenzioso scambio.
"È strano essere qui… è grande" commenta guardandosi attorno, rompendo quel silenzio duro da sostenere a lungo perché troppo simile al vuoto "però non è male”.
I posti nuovi sembrano sempre più grandi di quello che sono, poi li conosci e si ridimensionano; è il tempo a renderli più alla tua misura.
“Ultimamente mi è difficile pensare al futuro, non so nemmeno se c'è un futuro per me. Non so chi sono, non l'ho ancora capito. Me lo dica lei chi sono"
Sono passati solo pochi minuti e mi ha già delegato la ricerca della sua identità. Allude alla domanda più radicale e crede che io detenga la verità, che possa risponderle con l'immediatezza della rivelazione. Il suo "chi sono io" è un'esplicita domanda di sapere che precede la relazione e allo stesso tempo la inaugura.
Mi sembra di avere di fronte un vaso di cristallo, fragile e prezioso. Mi muovo con cautela, Scelgo parole morbide che assomiglino il più possibile a carezze; ho paura di romperla.
È così piccola, occupa così poco spazio, eppure ha già riempito la stanza.
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